Si dice che il minimo battito d’ali di una farfalla sia in grado di provocare un uragano dall’altra parte del mondo. Ecco come possiamo definire in modo poetico l’”effetto farfalla”. Ma cos’è esattamente? E’ essenzialmente la teoria del caos: piccole azioni o decisioni possono contribuire a generare grandi cambiamenti futuri.
Ed eccovi servito il tema cardine di “Life is strange”, ma non l’unico. Tanto quanto sono importanti le scelte che prendiamo, tanto è importante nel gioco il concetto del destino: esso infatti segue una linea ben precisa, e alterarla o cambiarne gli avvenimenti potrebbe provocare catastrofi immense. Nel videogioco infatti interpretiamo Maxine Caulfield, detta Max, una giovane ragazza timida e introversa con il sogno di diventare una grande fotografa, che torna ad Arcadia Bay (sua città natale dalla quale in giovane età si è dovuta trasferire) dove acquisirà per volere di qualcuno (o qualcosa?) il particolare potere di riavvolgere il tempo.
Grazie a questo, in una sotto trama dalle note thriller, dovrà affrontare situazioni e fare scelte importanti che rischiano di intaccare fortemente il suo destino, quello delle persone a lei care e addirittura della stessa città di Arcadia Bay. Ci troveremo quindi a impersonarla, ed entrare in empatia completamente con Max e i vari personaggi del gioco, e insieme a lei prendere decisioni e scelte che potrebbero sembrarci eticamente corrette ma che non sempre sappiamo come intaccheranno la storia, se in modo positivo o negativo. Nonostante sia difficoltoso spiegare la bellezza dell’opera senza analizzare a fondo ogni singolo episodio di gioco, mi è doveroso, ma quasi scontato, informare che l’analisi potrebbe contenere qualche SPOILER e vari riferimenti a parti di gioco.
L’immedesimazione totale
Un aspetto altrettanto importante, rispetto a quelli sopracitati è il tono con cui il videogioco si pone: nonostante l’opera tratti di temi molto delicati come il bullismo, il suicidio, fino ad arrivare alla sessualità, si ha a volte la sensazione che questi temi vengano trattati con leggerezza; forse complice anche l’età adolescenziale di Max che, per una buona parte di tempo, si relaziona e instaura un rapporto profondo con un’altra protagonista del gioco dal ruolo cruciale. Questi momenti di leggerezza sono intervallati e coesistono con altrettanti momenti di tristezza e ansia, dovuti anche a diverse vicende in game. Questo non significa però che il gioco risulti frammentato o disconnesso, anzi, forse proprio i momenti di leggerezza servono a stemperare a volte la pesantezza delle situazioni che si vengono a creare, e lasciare un minimo di respiro al giocatore e alla medesima Max all’interno della storia. Ciò che fa immedesimare appieno nella storia inoltre è la modalità di approccio lasciata al videogiocatore: un esempio lampante lo troviamo all’inizio dell’opera quando Max percorre, finita la lezione, il corridoio scolastico con cuffiette nelle orecchie per raggiungere il bagno, dove di lì a poco avverrà un evento fondamentale ai fini della trama. Qui, nonostante la musica di sottofondo sia molto presente (come se le cuffiette di Max le avessimo nelle nostre orecchie), i suoi pensierisu qualsiasi persona o oggetto con cui il videogiocatore decida di interagire non vengono sovrastati ne annullati. Questo ci permette, oltre a immedesimarci appieno nel personaggio, anche di comprendere sempre più a fondo quello che Max pensa e percepisce sul mondo circostante, e ci aiuta a ragionare e pensare facendo le sue veci.
L’importanza di prendere una scelta
Come detto, uno dei temi principali nel gioco è la possibilità di prendere (e riprendere viaggiando indietro nel tempo) diverse scelte, più o meno difficili. Ed ecco quindi che ci troviamo ad aiutare la protagonista con decisioni più o meno etiche, non sapendo se alla lunga quello che scegliamo, per quanto moralmente corretto, sia giusto o sbagliato, o magari addirittura nessuna delle due opzioni. Questo ci mette in condizione di avere sempre un conflitto interiore come lo ha Max; come se ci sentissimo sempre divisi tra scegliere quello che è a nostro parere più giusto, anche se difficile da affrontare, oppure optare per una strada più semplice, che ci tiri un po’ fuori dai guai e ci escluda dalle responsabilità. Sono bivi che il gioco ci mette davanti di continuo, ma ogni singola scelta presa ha delle specifiche ripercussioni. Ed ecco quindi che ci ricolleghiamo al discorso dell’effetto farfalla: come accade nella vita di tutti i giorni, le nostre azioni portano sempre a delle conseguenze, siano esse buone, cattive, ma anche nessuna delle due. Nel gioco Max, a differenza della realtà, ha la fortuna o sfortuna di poter tornare indietro nel tempo per poter cambiare quelle che secondo lei (ovvero noi) sono delle scelte sbagliate. Potrebbe rivelarsi una cosa positiva, come anche ribaltare tutta la situazione in modo negativo; nessuno di noi ha la certezza che una scelta sia sbagliata rispetto ad altre o poter predire cosa succederà in futuro. Basti pensare ad esempio come la scelta iniziale, una delle più importanti di Max, sia salvare Chloe dalla morte, portando quasi alla distruzione di Arcadia Bay.
Il destino e la sua linea
Il gioco ha un incipit violento, una sorta di visione distruttiva dove capiamo poco e niente, ma tutto con il tempo viene svelato. Ricordate la storia dell’effetto farfalla? Ogni nostra scelta cambia indissolubilmente le azioni che avverranno poi.
Quindi immaginiamo se, come nel caso di Max, avessimo il potere di andare indietro nel tempo e cambiare il corso degli eventi più e più volte. Andremmo a cambiare e ricambiare il naturale scorrere della storia, decidendo come potevano o non potevano andare le cose a nostro piacimento; andremmo a modificare, mantenendo una visione quasi mistica, quello che sarebbe il destino, quella storia del mondo che, per chi ci crede, è già decisa e scritta per ognuno. E questo, come tante credenze diverse nel tempo e negli anni ci hanno insegnato, non è mai una buona cosa.
All’interno del titolo i continui cambiamenti dovuti ai viaggi temporali di Max hanno pesanti ripercussioni nel mondo reale che la nostra protagonista ha contribuito a creare. Ogni interferenza nel corso naturale degli eventi, che avrebbe preso delle pieghe ben precise e definite, altera in maniera indissolubile ciò che la vita, e quindi il destino, aveva in serbo. Si scateneranno quindi, man mano che la storia prosegue, eventi anche naturali e climatici che risultano anormali, come se il mondo fosse impazzito. Questo perché le nostre interferenze fanno sì che la natura, la vita, e di rimando il famoso destino, reagiscano come un corpo umano reagisce a un virus o a un organismo estraneo. Una sorta di allegorica reazione allergica, dove il mondo si scatena e va in rovina nel momento in cui ne viene alterato l’equilibrio.
Inizialmente non si avverte nulla, sembra che tutto sia sotto controllo, addirittura che si stia andando a migliorare le condizioni del mondo in cui ci troviamo catapultati. A lungo andare, però, tutto precipita a una velocità vorticosa, il susseguirsi degli eventi e delle stranezze climatiche, ambientali e della vita delle persone coinvolte precipita in un baratro da cui sembra non esserci alcuna via d’uscita. E la cosa peggiore è che ne siamo pienamente responsabili. Cercando di fare il bene, il meglio, cercando anche di essere il più lineari ed etici possibile, creiamo inevitabilmente dei paradossi temporali che portano alla distruzione di ciò che abbiamo faticosamente, e a volte anche dolorosamente, cercato di salvare, oltre
che all’annientamento completo della città stessa di Arcadia Bay e di tutta la sua popolazione, che rischiano di essere spazzate via da un uragano di proporzioni inimmaginabili.
Il climax finale è probabilmente uno dei più drammatici nella storia dei videogiochi. La scelta finale. Quella definitiva. Siamo messi di fronte a un bivio con implicazioni etiche, morali e sentimentali da spezzare il cuore: tornare ancora una volta indietro nel tempo, all’inizio, e lasciare che il destino di Chloe si compia (evitando quindi di salvarle la vita), oppure non fare nulla, condannando Arcadia Bay e la cittadinanza all’annientamento.
In conclusione
“Life is strange” è un titolo particolare, sicuramente appassionante e coinvolgente se amate le avventure interattive. I risvolti morali che si possono trovare al suo interno, oltre che le tematiche trattate, ne fanno un gioco assolutamente da provare, ma soprattutto, vivere. Anche perché ognuno di noi decide l’andamento della storia, non esiste una run uguale all’altra, e la possibilità di modificare numerose volte il corso degli eventi porta anche a rigiocarlo per vedere le differenze con le scelte prese in precedenza. Al di là del puro gusto personale, è decisamente una di quelle opere che non possono mancare nelle vostre collezioni.
Коментарі