Sono molti i fattori che portano le persone a videogiocare: assistere a una bella storia, immergersi in mondi fantastici diversi dal nostro o semplicemente passare qualche ora di relax. Ma allora, come mai decidiamo di giocare videogiochi capaci di spaventarci e farci saltare dalla sedia?
Quando videogiochiamo, lo facciamo per vari motivi: rilassarci, emozionarci con una bella storia, mettere alla prova le nostre capacità e molto altro. Se tutti questi motivi positivi sono veri, allora cos'è che ci spinge invece a buttarci a capofitto in esperienze più oscure e spesso terrificanti come quelle dei videogiochi horror?
La paura
Per cercare di capire cosa ci spinge a giocare un gioco horror, dobbiamo prima capire a cosa ci si riferisce col termine “paura”. Umberto Galimberti, psicanalista italiano, nel suo “Dizionario di psicologia” la definisce così:
“Emozione primaria di difesa, provocata da una situazione di pericolo che può essere reale, anticipata dalla previsione, evocata dal ricordo o prodotta dalla fantasia. La paura è spesso accompagnata da una reazione organica, di cui è responsabile il sistema nervoso autonomo, che prepara l'organismo alla situazione di emergenza, disponendo, anche se in modo non specifico, all'approntamento delle difese che si traducono solitamente in atteggiamenti di lotta e fuga.”
![Alone in the Dark](https://static.wixstatic.com/media/b7c268_5db91f118e5d439188f3cec00759a805~mv2.png/v1/fill/w_686,h_386,al_c,q_85,enc_auto/b7c268_5db91f118e5d439188f3cec00759a805~mv2.png)
Quindi, il palesarsi di una minaccia o il pensiero di una minaccia imminente innescano in noi una serie di meccanismi di difesa volti a “lottare o fuggire” dalla minaccia stessa. Questo principio è sfruttato in modo magistrale nel design dei videogiochi horror, dove gli sviluppatori creano situazioni che evocano tale reazione per intensificare l'immersione. Un esempio iconico è la scena del corridoio in P.T., il teaser giocabile di un Silent Hill mai completato. Il loop infinito, i suoni inquietanti e la figura spettrale di Lisa generano una tensione crescente che culmina in momenti di puro terrore, mantenendo il giocatore costantemente sulla soglia tra lotta e fuga.
Questo tipo di design dimostra come i giochi horror non solo inneschino reazioni istintive, ma lo facciano con una maestria che amplifica l'esperienza emotiva. È dunque chiaro come la paura, in virtù della sua natura di “emozione primaria”, sia un sentimento visceralmente insito in noi e che ci serva per sopravvivere.
In questo contesto, i videogiochi horror sfruttano questa emozione primaria in modo unico. Ad esempio, in Silent Hill 2, la nebbia onnipresente e i mostri che emergono senza preavviso stimolano costantemente la nostra reazione di "lotta o fuga". Analogamente, giochi come Outlast giocano con l'idea della vulnerabilità, lasciando il giocatore disarmato e costretto a scappare per sopravvivere.
Ma allora, cos'è che ci spinge ad andare contro uno dei nostri istinti primari per immergerci in videogiochi fatti appositamente per innescare tale emozione? Le risposte, secondo noi, sono diverse.
Un brivido controllato
Come detto, la paura è il nostro meccanismo primario di difesa quando siamo in pericolo o pensiamo di esserlo, e per renderci pronti a “scappare o combattere” il nostro cervello inizia a produrre massicce dosi di adrenalina. Quando decidiamo di giocare a un videogioco horror, dunque, scegliamo arbitrariamente di metterci (per finta, ovviamente) in una situazione che il nostro cervello identifica come pericolosa. Il pericolo è finto, ma i meccanismi che si innescano nel nostro corpo sono veri!
![Silent Hill](https://static.wixstatic.com/media/b7c268_8020f5406b7c4dcb8e0f5047b0fa67f8~mv2.png/v1/fill/w_980,h_551,al_c,q_90,usm_0.66_1.00_0.01,enc_auto/b7c268_8020f5406b7c4dcb8e0f5047b0fa67f8~mv2.png)
Questo è evidente in titoli come Silent Hill, dove la nebbia e i suoni inquietanti mantengono il giocatore costantemente teso, senza mai fargli sapere cosa lo aspetta dietro l'angolo. Il gioco crea una paura persistente, ma sempre entro confini sicuri: in fondo basta spegnere la console per far svanire il terrore.
Però, si sa, il troppo storpia, e un livello di paura troppo elevato e troppo continuato nel tempo potrebbe portare i videogiocatori ad abbandonare un titolo. Gli sviluppatori, quindi, devono sempre stare attenti a dosare bene la paura. E non parliamo di jump scare, spesso usati solo per sorprendere senza costruire una vera tensione narrativa! Alla fine, la paura e le sue reazioni fisiologiche sono reali, ma possiamo viverle in un ambiente controllato e sicuro.
Esorcizzare le paure
Da non sottovalutare è il fattore di esorcizzare e affrontare le proprie paure. Spesso nei giochi horror troviamo elementi di cui le persone hanno paura: il sangue, il buio o gli insetti. Per forza di cose, siamo costretti a superare tali paure… o almeno a forzarci a proseguire per andare avanti. Non si tratta chiaramente di un metodo clinico o terapeutico per smettere di avere paura di qualcosa, ma comunque permette al videogiocatore di “esorcizzare” una propria paura al fine di raggiungere l’obiettivo. Il tutto, come detto in precedenza, in un ambiente controllato e sicuro.
![Outlast](https://static.wixstatic.com/media/b7c268_c425ec1534fe46eb8fbb8c1808b17688~mv2.png/v1/fill/w_980,h_980,al_c,q_90,usm_0.66_1.00_0.01,enc_auto/b7c268_c425ec1534fe46eb8fbb8c1808b17688~mv2.png)
Alcuni giochi affrontano temi legati a paure profonde e universali, come l'isolamento, il senso di impotenza o la perdita. Silent Hill 2, ad esempio, esplora paure psicologiche e rimorsi attraverso la sua narrativa inquietante e i suoi mostri simbolici, rendendo ogni incontro una metafora per un trauma interiore.
Allo stesso modo, Outlast spinge il giocatore in un contesto di impotenza estrema, dove fuggire e nascondersi sono le uniche opzioni per sopravvivere, trasformando la paura dell'essere vulnerabili in un elemento chiave del gameplay. Questi giochi non solo evocano timori reali, ma li usano come strumenti narrativi per approfondire l’esperienza emotiva del giocatore.
L’arte del far paura horror
Importante è anche la bravura di alcuni team di sviluppo non solo nel creare un tipo di paura genuino, ma anche nel farlo in maniera intelligente e studiata. I jump scare, ad esempio, sono un modo forse un po' pigro, per alcuni, di suscitare paura: rumori forti, immagini improvvise e altri espedienti che nel giro di pochi anni sono diventati dei cliché. Tuttavia, per alcuni giocatori, i jump scare rappresentano un elemento di divertimento o un modo per testare la propria capacità di resistenza agli spaventi improvvisi.
![Five Nights at Freddy's](https://static.wixstatic.com/media/b7c268_e50fcf9bcc794c3ebc05e34986579cc8~mv2.png/v1/fill/w_533,h_658,al_c,q_85,enc_auto/b7c268_e50fcf9bcc794c3ebc05e34986579cc8~mv2.png)
Giochi come Five Nights at Freddy’s basano gran parte della loro tensione proprio su questi momenti di sorpresa, creando un loop adrenalinico che cattura chi apprezza questo tipo di paura immediata.
Al contrario, costruzione della paura che ritroviamo in alcune saghe come Resident Evil, Silent Hill o Dead Space è qualcosa di più fine e ragionato. Questi giochi si concentrano sul creare un’atmosfera di tensione costante, dove l’ignoto e l’attesa giocano un ruolo fondamentale.
Che sia un’ombra che si muove su un muro, un lieve rumore in lontananza o una striscia di sangue che sparisce in un condotto di aerazione, questi sono tutti elementi che instillano nel videogiocatore un senso di pericolo imminente. Anche quando il pericolo non è ancora palesato, si lascia presagire un evolversi della situazione ancora più terrificante.
Leggi anche: perché la paura ci attrae?
Un esempio recente è Resident Evil Village, che combina elementi di tensione psicologica con momenti di azione intensa, bilanciando il ritmo per mantenere il giocatore sempre sul filo del rasoio. Inoltre, i dettagli visivi e sonori, come i sussurri nel vento o i passi lontani, contribuiscono a costruire un’atmosfera di costante inquietudine.
Similmente, Alien: Isolation eleva la tensione sfruttando un’intelligenza artificiale sofisticata per lo Xenomorfo, creando un nemico che sembra sempre presente ma mai prevedibile, amplificando il senso di impotenza del giocatore. Questa strategia fa sì che la paura non sia mai solo un picco momentaneo, ma un’esperienza che accompagna per tutta la durata del gioco. Centrale è la bravura di alcuni team di sviluppo non solo nel creare un tipo di paura genuino, ma anche nel farlo in maniera intelligente e studiata.
![survival horror](https://static.wixstatic.com/media/b7c268_6d5e2207eac040eaa4f93f7419351627~mv2.jpg/v1/fill/w_980,h_549,al_c,q_85,usm_0.66_1.00_0.01,enc_auto/b7c268_6d5e2207eac040eaa4f93f7419351627~mv2.jpg)
La paura in tutte le sue sfumature
I videogiochi horror ci permettono di esplorare la paura in tutte le sue sfumature: dal brivido controllato alla catarsi, passando per l’arte di creare tensione e angoscia. Sfidiamo noi stessi, affrontiamo i nostri limiti e troviamo un piacere perverso nel camminare sul filo del rasoio tra sicurezza e terrore.
In un mondo sempre più complesso e a volte caotico, i videogiochi horror ci offrono uno spazio in cui possiamo provare emozioni intense ma gestibili, ricordandoci che, alla fine, siamo noi a tenere il controller in mano. Ed è proprio questa consapevolezza che ci spinge, nonostante tutto, a premere "Play" ancora una volta.
E voi cosa ne pensate? Cosa vi spinge a giocare i videogiochi horror?
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