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Immagine del redattoreSusy Federico

Returnal: un viaggio spaziale tra filosofia e mito

Una piccola analisi su ciò che Atropos nasconde, il tutto condito con i Feedback di chi ci ha già giocato!


 

Attenzione! L'articolo potrebbe contenere qualche spoiler!


Returnal è senz'altro uno dei titoli più discussi del momento, esclusiva di primo ordine Play Station5 sviluppata da Housemarque, ci propone un viaggio al limite stesso del concetto di videogame conosciuto fino a questo momento.


Returnal è un loop continuo, estrapolandola dal contesto videoludico è facile asserire che esso vada in qualche modo a toccare un tema filosofico affrontato anni addietro dal non poco noto Friedrich Nietzsche, il quale ci proponeva il tema dell’Eterno Ritorno proprio come un loop temporale di rigenerazione apparentemente senza fine.


In Returnal salta all'occhio questa trappola-nella trappola in cui il giocatore si ritrova imprigionato sin dai primi momenti di gioco: Selene, in seguito ad una avaria della propria navetta, sbarcherà su un pianeta alieno del tutto sconosciuto, Atropos. Già il nome stesso del corpo celeste è piuttosto eloquente, Atropos, infatti, deriva dal greco arcaico Àtropo ( Ἄτροπος, cioè in nessun modo, l'immutabile, l'inevitabile) ed era il nome di una delle tre Moire, nelle cui mani tessevano il destino degli uomini mortali i quali, inevitabilmente, non potevano che sottostare al loro volere.


Atropos è proprio questo, un mondo dal quale è impossibile fuggire, inevitabile ad un punto talmente profondo che nemmeno la morte ti può liberare.


Selene infatti, nel corso della sua esplorazione attraverso un mondo del tutto differente rispetto a ciò che ha sempre conosciuto, ritroverà registrazioni su registrazioni sui propri corpi senza vita, frutto di morti passate di cui non ha alcuna memoria, nei quali l’amara verità si fa sempre più chiara: il paesaggio muta ad ogni morte, non c’è continuità d’essere, ogni volta è come se fosse un mondo nuovo da affrontare in maniera del tutto differente rispetto alla precedente.



Passiamo dalla mitologia alla scienza con una facilità e naturalezza impressionanti. Il concetto dell’esistenza di una miriade di universi possibili, ognuno dei quali governato da leggi proprie, è il perno fondamentale attorno cui ruota la Teoria delle Stringhe, uno dei temi più discussi negli ultimi anni dai fisici teorici.


Tutto questo è ciò che succede dunque a Selene, ogni volta in un universo nuovo in cui dovrà fare i conti con una legge diversa, a braccetto con l’ineluttabilità del destino tessuto dalla Moira Atropos, dove è appunto il corpo celeste a mutare e noi, insieme a Selene, ne siamo assoggettati e coinvolti in oscure trame spazio-temporali.


È per definizione quindi un Rougelike mirato essenzialmente all'azione, tuttavia però questo modus operandi del gioco basato all'apparenza su una” condanna senza fine” ha generato non poche obiezioni da parte dei videogiocatori


Abbiamo chiesto opinioni a chi effettivamente, pad alla mano, ha provato questa esperienze e in tal proposito Andrea Nunziante dice: “ Questi generi sono difficili già per definizione, come Soulslike, ma questo titolo in particolare mi ha rimandato alla mente i giochi anni 80/90 dove anziché avere un gioco bidimensionale che ti spara dall'alto verso il basso, abbiamo meccaniche 3D ma identiche nel loro essere una sfida continua senza possibilità di Cheekpoint, un po' come un moderno cabinato dove muori e metti una nuova monetina.

Per quanto riguarda i Soulslike anche Edy Ferrone mi ha lasciato un feedback molto interessante:” In maniera simile ai Soulslike, questo gioco aggrava il giocatore con una piena consapevolezza di ciò che perde quando muore: tutto ciò che ha salvo sono gli oggetti permanenti. In questo modo il coinvolgimento è totale, e applicare questa logica ad un bullet hell così intenso ha permesso, in maniera innovativa per uno shooter, di sviluppare nel giocatore una strategia a lungo termine. Tutto ciò che il giocatore raccoglie, l’adrenalina accumulata, devono essere costantemente sotto il suo controllo perché deve arrivare al successivo boss preparato ad uno scontro infernale. Una meraviglia di adrenalina e divertimento



Dunque questo è un gioco basato su una meccanica innovativa dove è la difficoltà stessa il mezzo attraverso il quale trovare appagamento. Questo mondo in continua evoluzione non trova dunque un appiglio di sicurezza nemmeno negli oggetti o nei potenziamenti; anche loro possono perdersi negli oblii di un’ inevitabile respawn e Alessio Vaccariello ci dà uno sguardo interessante su di loro :” Devi stare attento a ciò che raccogli, alcuni di essi sono dei malus, devi dunque fare una valutazione attenta a cosa puoi e a cosa non devi assolutamente prendere; a livello di trama poi nulla da dire, visto il genere è fatto incredibilmente bene. Ed aggiungo che anche il che il gioco è strutturato in modo tale che tu, pur non potendo salvare, hai la possibilità di rifare in maniera piuttosto veloce le aree che avevi già visitato


Il concetto di trama citato nel feedback di Alessio poi va a toccare forse una nota piuttosto dolente per i videogiocatori più accaniti, Andrea mi ha infatti detto che :” “ La trama è un puzzle di cui non si conosce il disegno finale” e aggiunge ” ogni flashback è un pezzo che si incastra nella storia e passo dopo passo riusciamo vagamente ad immaginare cosa stia realmente succedendo alla protagonista, Selene. Forse è il punto debole della produzione, ma è maledettamente affascinante il modo in cui tu giocatore ti ritrovi coinvolto tra l’adrenalina di un combattimento e la curiosità, la voglia di sapere.



È proprio in questo concetto di puzzle che è chiaro e forte il richiamo alla Teoria dell’Eterno Ritorno dell’Uguale di Nietzsche, il quale descrive l’universo in una maniera molto simile:

ogni dolore e ogni piacere e ogni pensiero e sospiro, e ogni indicibilmente piccola e grande cosa della tua vita dovrà fare ritorno a te, e tutte nella stessa sequenza e successione - e così pure questo ragno e questo lume di luna tra i rami e così pure questo attimo e io stesso. L’eterna clessidra dell’esistenza viene sempre di nuovo capovolta e tu con essa, granello della polvere!

È come un ciclo perpetuo dunque, un granello di polvere in un universo davvero troppo vasto per essere compreso nella sua totalità, se applichiamo questo pensiero al concetto di “ trama scarna” ci rendiamo immediatamente conto che il tutto è incredibilmente coerente con un disegno più grande.

A livello di gameplay credo che sia ineccepibile, forse una delle meccaniche più interessanti è quella della tuta e delle armi, che a livelli differente ci offrono differenti possibilità di gioco, sovraccaricando la tuta ad esempio aumentiamo l’adrenalina, grazie alla quale saremo in grado di muoverci con maggiore velocità e colpire con più precisione i nostri avversari; al contrario sovraccaricare le armi ci permetterà di sbloccare devastanti attacchi.

Ed è di nuovo Andrea a darci, attraverso le sue parole, l’idea precisa di quanto, finalmente, siano state sfruttate le potenzialità del DualSense:” Sono i tasti R e L2 a darti tangibilmente la sensazione della pressione tra le dita, attraverso la quale poi puoi fisicamente decidere che tipo di colpo sferrare… Un vero e proprio gioiello!” ed aggiunge” Io l’ho giocato in 4K e devo dire che la resa è davvero appagante si, forse non come un Dark Souls dove tutto è più pulito, ma c’è stato un momento, tra le piante e le sue bioluminescenze dove mi è parso di ritrovarmi nel meraviglioso mondo di Avatar”.


Atropos è un mondo spaventoso e affascinante, l’ecosistema alieno è infatti apertamente ostile ( ciò giustificherebbe la natura di alcuni ritrovamenti), ma è innegabile la bellezza che ci si para dinnanzi già nei primi minuti di gioco; le ombre e le luci si proiettano e interfacciano con delle bioluminiscenze ,le quali vanno a tagliare un’aria resa volutamente più “ densa” in base al movimento della flora circostante, le foglie si muovono come se nuotassero letteralmente nell'aria e nella luce creando un effetto di “ gravità aliena” con una resa davvero senza eguali.



A tal proposito Luigi Cinquegrana ci fa notare che “ Returnal è un gioco che crea un rapporto empatico con l’ambiente. Probabilmente non è un titolo per tutti proprio perché rappresenta una sfida continua e innovativa al punto da mischiare elementi RougeLike ad una narrazione progressiva del gioco, ciò forse però potrebbe scoraggiare il giocatore. “


È facile e quasi automatico dunque pensare che in un contesto del genere il concetto di esplorazione possa essere totalmente appagante, ed in un certo senso, seppur fortemente basato anche su una non continuità nel possesso di un oggetto e sulla loro non sempre naturale benevola, lo è stato davvero, soprattutto per le meccaniche che, di conseguenza, sono scattate nella mente del giocatore.

Di questo ci parla Francesco Popoli: “La curiosità di provare qualsiasi manufatto ( anche se potenzialmente maligno) ed il brivido di non sapere se incapperai in creature che magari sono insensibili all'arma che stai portando. Lo trovo veramente affascinante e coinvolgente.

Infine mi è stato impossibile non notare quanto ogni feedback che ho ricevuto concordasse e convergesse inevitabilmente in un punto :” Returnal non è un titolo per giocatori casuali”.


Probabilmente questo concetto va a coincidere con il senso di frustrazione che potrebbe crescere nel giocare nel corso dell’esperienza, ed è tutto direttamente collegato all'inevitabilità e l’ineluttabilità di un ciclo perpetuo di vita e morte, enfatizzato all'estremo dal gioco dalla mancanza di cheekpoint, noi, in quanto giocatori, ci ritroveremo dunque a ripetere le quasi medesime azioni in un numero non precisato di universi senza avere apparentemente la possibilità di un appiglio, di un porto sicuro; questo va a creare una divisione netta che da un lato farà spingere alcuni giocatori oltre i proprio limiti, ma dall'altro il senso di frustrazione vincerà sulla curiosità e sulla voglia di rimettere insieme i pezzi del puzzle.


La particolarità di questo titolo, dunque, è la sua stessa debolezza. Ciò non lo rende di certo un prodotto qualitativamente scartabile a priori o fortemente scontato, ma ciò che si evince dalle parole di questi primi giocatori ( proprio come astronauti approdati per la prima volta su un suolo alieno) è lo sgomento e la meraviglia, e non è proprio questo che dovrebbe fare un videogame?

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